lunedì 21 gennaio 2013

PENSIERI BASSO- EVOLUTIVI, STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA


Ci penso spesso. Forse troppo spesso.
Eppure mi affascina immaginare quale sarà l'azione, intrapresa o meno, che sarà il principio della fine. Fatalità. Oscuro disegno del destino.Ogni giorno affrontiamo decine e decine di bivi, imboccando distrattamente una direzione, senza pensare alle conseguenze.
Una vita di scelte, fatte o non fatte. 
Ci spingiamo inesorabilmente verso la resa dei conti, sia essa improvvisa, sia raccordata ad una lunga vecchiaia.
Ognuno è vittima e carnefice del proprio destino.
Ognuno gioca la sua partita con le carte che gli avrà fornito la sorte. Certo, c'è chi pur avendo poco o niente in mano riesce a bluffare e a sbancare il tavolo. Ma si tratta di qualche serata. Alla lunga, nel casinò della vita si perde tutti.
Invidio quelli che ripongono fiducia nell'altro mondo, speranzosi di raccogliere la pace dell'anima quando avranno lasciato il loro corpo. Più semplicemente, cinicamente se volete, penso invece che non siamo altro che entità biologiche con un principio e con una fine. Punto. L'immortalità dell'anima passa attraverso il ricordo. Ma anche lì è solo una questione di tempo.
Basti pensare che, pur non avendone una prova evidente, sul nostro pianeta possono essersi sviluppate in passato civiltà progredite come la nostra e anche di più, dissolte nel nulla. Niente di artificiale è eterno. Acciaio, calcestruzzo, pietra, tutto torna polvere. 
Pressione e tempo. Serve solo questo. 
Anche le mastodontiche piramidi d'Egitto scompariranno.
L'altro giorno uno "guglia" della Grignetta è collassata. Era lì da quanto? 
Permiano? Triassico? 
Eppure 200 metri di roccia compatta sono venute giù in un attimo, con un rombo di tuono.

Abbiamo sempre dato per scontato che le tracce dei primi ominidi raccontino l'origine dell'uomo su questo pianeta. Questa tesi ha le stesse probabilità di quella che immagina civiltà tecnologicamente avanzate distrutte forse da guerre nucleari(?) e cancellate nell'oblio.
Riempiamo la nostra vita di appendici, nella speranza di dimenticare la nostra sola spinta biologica: la conservazione della  specie. 
Per quanto questo ci possa far rabbrividire, non siamo molto diversi dall'uomo delle caverne. Chiunque di noi abbandonato nella jungla per un mese, ammesso che resti vivo (Bear Grylls aiutaci tu!), può regredire allo stato di uomo primitivo tornando indietro di migliaia di anni. Cercare un riparo, bere, mangiare, restare vivi.
Ogni tabù, costruito in secoli e secoli di dottrina illuminata, perso in un niente. Per sopravvivere si riesce a fare qualunque cosa. Quelli che non ce la fanno sono semplicemente terminati dal processo evolutivo.
E' triste ma siamo fatti di carne ed ossa prima ancora che di intangibile anima.
Il nostro codice genetico impallidisce di fronte a miliardi e miliardi di neuroni del nostro cervello. Elaboriamo, immagazziniamo, restituiamo. Trasmettiamo ai nostri discendenti caratteri ereditari decisamente poco significativi: il colore degli occhi, quello dei capelli, le attitudini, le malattie, parte del sistema immunitario, il sorriso. Ma ognuno di noi, in partenza sano, è un mondo a parte. Saranno le infinite catene neuronali che ci saremo costruiti a determinare lo sviluppo della nostra coscienza. Esperienze, riflessioni, occhio interiore.
Si, certo, l'educazione, le regole e tutto l'indottrinamento occorso sin dalla tenera età avranno il loro peso nello sviluppo evolutivo di ognuno di noi. Alla fine però sarà la statistica a salire in cattedra.  

NB: scuserete i discorsi sconnessi  di un consumatore accidentale di crescenza avariata?

(il "Dito Dones")





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