sabato 20 ottobre 2012

POKER FACE A VALCAVA


12km di salita non sono mai pochi, soprattutto se i peggiori te li ritrovi negli ultimi 5.
Esclusi i fuoriclasse o i super allenati (quelli che escono in bici tutti i giorni e che fanno sul serio), quando affronti quella che, alla prova dei fatti, quest'anno era la seconda salita più difficile del Giro d'Italia (dietro solo al Mortirolo, per capirci), hai poco da bluffare o cincischiare.
Insomma vengo al punto. 
Stamattina, quando è iniziata la salita, sono stato  superato (agevolmente) da un ciclista come me e, un pò per migliorare, un pò per capire davvero quanto ruzzo, ho spinto sui pedali per stargli a ruota. L'avevo visto bene solo per un attimo, proprio al momento del sorpasso e, se fossi stato uno scommettitore, avrei puntato tutto su di lui: bici super performante (total carbon dai 3000euro in su), fisico asciutto e snello (rapporto peso/potenza non alla mia portata), gambe affilate (e depilate) di chi macina migliaia e migliaia  di km all'anno, viso rilassato (e io?) e voce ferma (i ciclisti si salutano sempre). L'età? Boh...non era un ragazzino (per fortuna). Diciamo che poteva avere più di 30 ma meno di 40. 
Ma la cosa che avrebbe dovuto consigliarmi prudenza era il rapporto che stava macinando.
Io ero già col rapporto più leggero, lui aveva ancora un pignone da usare (se stava salendo col 25, quello che gli restava era un 27?28? Boh).
Insomma, mi sono fatto forza ed ho iniziato a ruzzare, tenendolo ad una decina di metri davanti a me.
Più salivo e più mi rendevo conto che, quando la strada si impennava, mi avvicinavo, quando invece spianava un pò, si allontanava inesorabilmente.
Ma la cosa fantastica erano i tornanti. Sapeva di avermi alle spalle, ma non poteva girarsi platealmente per controllare. Ai tornanti però riusciva a vedermi bene. Stavo dando davvero tutto ed avevo la bocca spalancata e il viso deformato dalla sofferenza, ma appena raggiungevamo un tornante ecco la magia: sfoderavo il sorriso da atleta tipico di chi non fa fatica, ma solo per il tempo necessario a farmi scorgere dal mio "avversario" occasionale. Appena si voltava tornavo in versione "aaaaaaaaaahhhhhhhhh.....non ce la faccio più".
Oltre l'evidente inferiorità ciclistica, avevo un acutissimo dolore all'alluce destro, causato da una botta sul piede dell'altra settimana. Ma resistevo.
I tornanti continuavano e la mia "poker face" si ripresentava ad ogni occasione. 
Qualcosa però era successa. Da qualche km avevo notato che l'altro iniziava a muovere le spalle in modo non naturale e, soprattutto, che aveva ridotto di molto la sua velocità di ascesa. Insomma, gli ero incredibilmente a ruota. Il dolore all'alluce era intenso, ma l'adrenalina lo teneva a bada.
Me la stavo giocando davvero...wow....
La mia strategia era chiara. Visto che faticava quando la strada si impennava, dovevo solo arrivare con lui fin sotto il muro (a 5km dalla vetta) e poi si sarebbe capito davvero se ne aveva ancora per affrontarlo.
Come previsto siamo arrivati sotto il muro insieme.
Poi non ricordo più nulla.
No scherzo.
Il tipo si è alzato sui pedali ed ha resistito. Anzi, purtroppo mi ha anche staccato.
Ho affrontato le prime due rampe diaboliche (quelle al 18%) tenendo duro ma poi, quando l'ho visto andare via, ho tirato i remi in barca per evitare l'infarto. Non era molto più veloce di me, anzi, ma il fatto che non fosse crollato (come da me invece previsto) mi ha tagliato le gambe.
Il dolore all'alluce si era fatto impossibile e, per non farmi mancare niente, oltre che i battiti a 1000 e le gambe di legno, mi ero ritrovato anche in piena crisi di fame. Ho superato il tratto impossibile e, purtroppo, mi sono fermato (vergogna....buuuuuuuuu!!!!!!!!!!). Mi sono tolto la scarpa, per massaggiarmi il piede, e mi sono pappato un ottimo fruttino. E intanto i minuti passavano. Pensavo al mio avversario con un misto di ammirazione ed invidia. Ammirazione per come aveva resistito, invidia perchè mentre io l'avevo girata a "pasquetta", lui accorciava sempre più la distanza che lo separava dalla vetta. Dopo lo spuntino mi sono rimesso in sella ed ho iniziato a pedalare malamente. Il piede era ancora dolorante ed io pensavo a quanto tempo avrei dovuto aspettare prima di ricevere l'ultimo colpo al mio amor proprio: si, perchè il peggio doveva ancora arrivare. Presto o tardi (ma io scommettevo sul presto) avrei incrociato lo sguardo soddisfatto del mio avversario che, dopo aver raggiunto la vetta, aveva iniziato la discesa. Era questo il mio obiettivo ora: cercare di incontrarlo il più tardi possibile.
4km alla vetta e ancora niente. 3km, 2km, ok ok. Il mio avversario ci sta mettendo troppo a scendere. E' chiaro. Avevo dato per scontato che tornasse sui suoi passi e, invece, evidentemente aveva scollinato e stava scendendo dall'altra parte. Ultimo km. Dolore, frustrazione, stanchezza, c'era tutto nel mio dramma. Poi, a duecento metri dall'arrivo, dietro l'ultima curva, ecco spuntare il mio avversario (già in discesa).
MMMMMM......Incrocio di sguardi ed un ciao carico di sincera ammirazione da parte mia, ricambiato da altrettanta stima da parte sua. Certo, è possibile che sia rimasto fermo mezzora sul valico ma è davvero poco probabile. Molto più probabile è che, quando ha visto che ero scomparso, ha iniziato a rifiatare ed ha rallentato talmente tanto da rischiare di farsi riprendere.
Ma nel momento dell'incontro ho capito una cosa però. Chi soffre e fatica per inseguire la sua passione e per lanciare il cuore al di là dell'ostacolo, quando tutto direbbe il contrario, non può far altro che ammirare i suoi tanti "colleghi", a prescindere dalle differenti capacità e o dal risultato di una "corsa".
Avevo perso ma ero contento.
Perchè, tutte le volte che raggiungo il valico di Valcava, so che ho fatto qualche passo oltre il mio limite fisico. E mi sento vivo.
Alla prossima




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